Francesca Paolucci
1^ classificata
Uno ad uno
Ogni ondata riempie la battigia
di migliaia di sassi e di conchiglie,
sulla sabbia, d’inverno, fredda e grigia,
di quest’aurora ci sentiamo figlie.
Torna l’onda e risucchia i nostri sassi,
ne tratteniamo appena una manciata
sull’onda grande si fanno i grandi passi
ma tutto tace dopo che è passata.
Ritorna l’onda e ci appostiamo attente
stavolta non li deve risucchiare
ma c‘è il riflusso e forte è la corrente,
quel che dal mare vien ritorna al mare.
Così ci contentiamo di quei pochi
che ad ogni ondata s’aggrappano alla riva,
sappiamo che son solo i primi fuochi
di ribellione lenta, ma esplosiva.
Vittorio Gelsomino
3° classificato
Nebbia
Fascino della nebbia!…Mi dà il senso,
più degli spazi aperti
e chiari, dell’immenso.
Come a chiudere
gli occhi ed immaginare,
così l’occhio, impedito entro quel mare
grigio, vede, non occhio più ma spirito,
ergersi il nulla, che s’intrude al centro
del tutto.
E mi ritraggo
smarrito, spaurito…: e sento che
il Tutto, l’infinito
del vivere, che cerco, è in me, m‘è dentro…
Antonia Barba
4^ classificata
Clessidra
Sei fuggito
da queste pagine,
solo polvere
e il ricordo
inebriante
disteso
sui fogli,
sciolto
tra le fibre
di un canto.
Prosa
che dischiude
conflitti,
speranze
vitalità
o riflessi.
Essi
tornano
restano
o diventano parola.
Si impossessano del tempo
lo riducono a brandelli
per morsi d’amore
gelidi attimi
di un pugno chiuso.
Scrittura pensante
sconfinata
o leggera.
Guido De Meola
4° classificato p.m.
Oltre
Credere di aver sognato tutto:
aver volato negli spazi
fra le stelle misteriose
nel grembo della galassia
più lontana e irraggiungibile.
Aver toccato con innocenza più pura:
la fresca terra della notte,
l’umida erba dell’alba,
lo stelo di un fiore appena nato,
la guancia di un bimbo.
Aver veduto orge di sentimenti perversi:
sangue e spavento,
volti di lacrime,
corpi straziati,
lupi assetati.
Aver udito il canto di una sirena,
l’urlo del mare tempestoso,
la pace della notte calma,
il ticchettio delle ore interminabili,
il graffio del tarlo solitario.
Aver creduto alle promesse d’amore
con sinistri sentimenti
nell’estasi materiale,
nell’illusione reale
di un cammino speranzoso.
Aver vissuto nella spirale del futuro,
con il corpo nel presente,
con animosità e vigore
dei perfetti rituali
della propria materia.
Credere di aver toccato tutto,
ma poi scoperto nulla…
ripartire per cercare ancora…
non importa dove,
per andare oltre.
Giandiego Marigo
6° classificato p.m.
Anni
E gli anni passano e ti passano
addosso, attraverso, dentro.
«Il capirti meglio» per farti capire
Ed impari linguaggi,
modi di dire e trucchi,
ma non sei mai più saggioÉ
solo più vecchio.
Sai dir più cose,
mille parole riconosci e sai.
E gli anni passano ed inventan frasi,
una, poi, l’altra come una collana
e poi la vedon tutti, / quando la porti, addosso,
al pari d’un trofeo.
Roberto Murroni
6° classificato p.m.
I miei ricordi
I miei ricordi.
Solchi indefiniti
di castelli di sabbia
che il mare ha portato via
e di cui rimane solamente
una lieve parvenza.
Sono immagini sbiadite
riviste ad occhi chiusi,
o cantici che ascoltiamo
senza bisogno dell’orecchio.
Dolci richiami di fiori
che vorrebbero tornar germogli
e di grandi fiumi
che han lasciato la sorgente.
La nostra bocca talvolta s’avvicina
al calice del passato
per gustarne il nettare agrodolce,
ma dopo aver bevuto
scopre che le labbra
sono rimaste asciutte.
Vito Scattareggia
6° classificato p.m.
Relatività
Dopo di me
fiorirà ancora
l’albero che ho piantato
nel giardino
e il sole ancora
scalderà
la nostra casa!
Quel che resta di me
v’accarezzerà ancora
un poco,
un attimo soltanto!
Allora
mi sembreranno secoli
gli anni della vita…
quegli stessi che ora
ci sembrano
un istante!
Vito Scattareggia
6° classificato p.m.
Il sole del bambino
Allora il sole non nasceva a levante
lo regalava un paese su di un monte
e non andava a nascondersi a ponente
ma a riposare oltre lo stagno, tra le canne
dove migravano palline nere di girini
che a mani unite raccoglievo
con l’acqua che tra le dita si scioglieva.
Questi erano i giochi dei bambini
l’usar pezzi di legni abbandonati
armi di radici per una guerra sui declivi
placata dal fischio del nonno che chiamava
per la zuppa fumante che aspettava.
Rifare poi la strada conosciuta
prati divisi da arterie di terra battuta
luoghi di origine sempre memore
dove l’animo selvaggio risvegliava
il correre tra erba d’ortica nei luoghi del raduno
attenti a residui di vagabondi Argo
per poi ad uno ad uno
tuffarsi nel fiume che scorreva.